IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA Ha pronunciato la seguente ordinanza; Sciogliendo la riserva di decidere espressa all'udienza del 16 maggio 1991 nel procedimento di sorveglianza promosso da Messina Anna, nata a Palermo il 18 gennaio 1939, in atto detenuta nella casa circondariale di Trapani, con istanza del 25 febbraio 1981 diretta ad ottenere la liberazione anticipata; Premesso che la condannata e' detenuta dal 3 marzo 1987 per espiare la pena di anni cinque di reclusione inflitta con sentenza del tribunale di Palermo del 26 febbraio 1988 per illecita detenzione d'ingenti quantita' di sostanze stupefacenti; Ritenuto che con separata ordinanza si e' provveduto in ordine all'istanza di riduzione della pena per il periodo trascorso in carcere a titolo di custodia cautelare e a titolo di espiazione della pena, mentre per il periodo in cui il prevenuto ha sofferto custodia cautelare in regime di arresti domiciliari (10 ottobre 1987 - 8 marzo 1981) devesi eccepire d'ufficio l'illegittimita' costituzionale dell'art. 54, primo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354, cosi' come modificato dall'art. 18 della legge 10 ottobre 1986, n. 663, nella parte in cui consente la concessione di liberazione anticipata per il periodo trascorso in stato di custodia cautelare in regime di arresti domiciliari, per violazione degli artt. 3 e 27 della Costituzione. Ed invero, come gia' osservato da questo tribunale con ordinanza del 19 maggio 1991 nel procedimento di sorveglianza promosso da Patellaro Antonino, con la quale e' stata sollevata analoga questione di legittimita' costituzionale, l'innovazione contenuta nell'art. 18 della legge n. 663/1986, relativa alla possibilita' della riduzione di pena anche per il periodo trascorso in custodia cautelare in re- gime di arresti domiciliari, introduce una disciplina uniforme per situazioni strutturalmente diverse e prescinde da qualsiasi funzione rieducativa. Nell'indicata ordinanza del 9 maggio 1991 il collegio ha, infatti, posto in evidenza le differenze sostanziali tra la misura della custodia cautelare in carcere e quella degli arresti domiciliari, che e' meno afflittiva e strutturalmente piu' assimilabile all'obbligo di dimora; sicche', applicando indifferentemente l'istituto della liberazione anticipata ai detenuti che hanno presofferto custodia cautelare in carcere o in regime di arresti domiciliari, si realizza una palese discriminazione a vantaggio di questi ultimi. Con l'ulteriore conseguenza che, poiche' il giudizio del tribunale e' vincolato a un parere estremamente generico e sintetico delle autorita' di P.S. preposte alla vigilanza del soggetto durante il re- gime degli arresti domiciliari, la mera regolarita' della condotta durante tale periodo e' condizione necessaria e sufficiente per la riduzione della pena, al contrario di quanto avviene per i detenuti che hanno presofferto custodia cautelare in carcere, per i quali la mera regolarita' della condotta non puo' giustificare la concessione di liberazione anticipata, o per i quali, quanto meno, il requisito della "regolarita' della condotta" si atteggia diversamente (avendo rilevanza i rapporti con gli organi penitenziari, con il personale di custodia, con gli altri detenuti, sotto il profilo dell'adeguamento alle norme e alle regole dell'ordinamento penitenziario e dell'osservanza della disciplina carceraria). Ed ancora, durante gli arresti domiciliari non si garantiscono "le finalita' rieducative della pena". Come si e' rilevato con la citata ordinanza del 9 maggio 1991, anche nei confronti del detenuto in custodia cautelare in carcere non puo' ancora formalmente parlarsi di osservazione scientifica della personalita' o di trattamento rieducativo, trattandosi di un soggetto ancora investito dalla presunzione d'innocenza. Puo' pero' affermarsi che esoste una prospettiva rieducatrice, nella quale l'osservanza di norme regolamentari e disciplinari e' anche destinata al miglioramento del suo comportamento e nella quale gli e' pure riconosciuta la facolta' di accedere alle occasioni trattamentali (art. 15, terzo comma, della legge n. 354/1975). Durante gli arresti domiciliari manca, invece, qualsiasi prospettiva rieducatrice, giacche' la misura consente al soggetto di vivere nell'ambiente domestico in cui ha sempre vissuto, e i controlli delle forze dell'ordine sono esclusivamente finalizzati a verificare che l'arrestato non si allontani dall'abitazione. Devesi, pertanto, tornare a denunciare l'illegittimita' costituzionale della normativa indicata per contrasto con gli artt. 3 e 27 della Costituzione.